In questo nostro articolo di oggi vogliamo parlare della mattanza favignana, ovvero dell’antico sistema di pesca del tonno rosso praticato nelle tonnare di tutto il territorio del Mediterraneo. La mattanza ha origini davvero molto antiche e ne parlavano già gli storici dell’età classica. Si tratta di una tecnica di pesca da posta, lungo le rotte di migrazione dei tonni in “viaggio d’amore” che entrano nelle zone dello stretto di Gibilterra per deporre le uova lungo le coste.
Le imbarcazioni sono di colore nero e servono per attirare meglio i tonni dato che rappresentano l’elemento fondamentale per questo genere di pesca: vasceddu, muciara, bastarde e rimorchi. Il rais è la figura più importante, il capo assoluto, il cui ruolo si tramanda ormai da intere generazioni.
Le tonnare invece sono composte da 5 camere divise da reti che vengono chiamate porte e sono: la camera grande, la camera levante, la bastarda, la ponente e infine la camera della morte. Per quel che sappiamo è che l’ultima mattanza a Favignana s’è tenuta invece nell’anno 2007.
In pratica il rais calza il berretto, saluta i tonnaroti e si parte. Ogni barca sa esattamente qual è il suo posto e ciascuno sa anche qual è il proprio ruolo. I movimenti sono lenti e scaglionati con la perfetta precisione di chi li compie perché tramandati, di generazione in generazione, come se fossero in un vero e proprio rito.
Le Egadi a fine mese di maggio sono sicuramente il luogo ideale per la procreazione e per i tonni portati dalle correnti locali, fino a che la tecnica di pesca si praticava, fino a pochi anni fa e si dirigevano poi verso la tonnara. I pesci vedono le reti come se fossero una parete invalicabile e quindi, spinti dall’esigenza di procreare, nuotano in branco e di camera in camera ecco che finiscono all’interno della trappola.
Era proprio il rais che dava l’ordine di aprire e di chiudere le porte lasciando sempre un varco d’ingresso agli altri branchi. E c’era un uomo, posto sempre in piedi su una delle barche, che con una sagola in mano avvertiva i fremiti dei tonni nel momento in cui entravano e lo comunicava al rais. Il mare doveva essere calmo perché le barche di tonnara, che erano disposte in quadrato, non sopportavano l’ondeggiamento e quindi una più grande chiudeva il lato di ponente, mentre gli uomini fissavano i bordi delle reti.
Che cos’è la mattanza favignana? Scopriamo di più
Il grido del rais recitava “Assumma” e c’erano decine di tonnaroti messe in piedi sul bordo delle imbarcazioni che cominciavano a issare la porta della camera con estrema rapidità e il rais sulla sua “sciabbica” si portava poi al centro del quadrato. Le reti si issavano con estrema e precisa sincronia mentre le grida e le urla di incitamento si facevano sempre più incessanti e mentre il rais sembrava un “sacerdote” che intonava “Aja Mola”, un antichissimo canto il cui ritmo accompagnava il movimento dei pescatori.
Tra un canto e l’altro poi si sentiva gridare “Assumma Assumma” e i pesci apparivano numerosi e impazziti mentre cercavano di liberarsi anche se ormai senza più scampo. I tonni si dibattevano dando pesanti colpi di coda ma la ciurma dei tonnaroti li arpionava all’altezza della testa e poi sempre più in basso con gli uncini fino a quando il pesce non veniva issato fino al bordo delle barche.